Era un po’ che non scrivevo su questo blog, forse a causa di una sorta di autoprotezione da tutte le schifezze quotidiane che vengono vomitate senza sosta dai social. Ma non potevo far passare sotto silenzio una ricorrenza che, per uno che ha sempre guardato alle stelle e allo spazio come me, riveste la stessa importanza che il 4 luglio riveste per un cittadino degli Stati Uniti. È così: il 20 luglio è la data che avrebbe dovuto affrancarci dall’etichetta di homo sapiens e ci avrebbe dovuto fregiare di quella di homo sideralis, uomo dello spazio. Invece così non è stato: in cinquant’anni siamo regrediti al punto di mettere in dubbio persino la sfericità del nostro pianeta, per non parlare di tutte le altre amenità su scie chimiche, torri gemelle, vaccini e similari.

E tutta questa smania di complottismo da cosa è partita? Ma proprio dal mettere in dubbio la veridicità dello sbarco sulla Luna. A dare involontariamente la stura a ciò fu un film del 1978 diretto da Peter Hyams, intitolato Capricorn One, dove si ipotizzava che la missione su Marte della NASA fosse in realtà un complotto teso a riaccendere l’interesse del pubblico sulle missioni spaziali e a ottenere maggiori fondi dal governo per le stesse. Come chiunque in possesso di un normale raziocinio può comprendere, le premesse del film sono tutt’altra cosa rispetto al reale interesse che ardeva nelle persone di tutto il mondo intorno alla missione di Apollo 11: erano premesse valide nel 1978, a sei anni dalla missione Apollo 17 che chiuse – per mancanza di interesse e di motivazioni, oltre che di fondi – il programma Apollo e l’esplorazione lunare.

Mi sono chiesto per tanto tempo cosa spingesse alcune persone a negare l’impresa più grande che il genere umano avesse potuto realizzare: porre un piede (anzi più d’uno) sul suolo di un altro pianeta. Ci ho pensato per molto tempo, come ho pensato alle motivazioni di coloro che negano le conquiste scientifiche, o la struttura stessa della terra e dell’universo. Credo che la risposta possa riassumersi in un’unica parola: invidia.

Ritengo che alcune persone non siano in grado di concepire progetti o imprese di un certo livello: non per ignoranza (ci sono anche persone di discreta cultura tra i vari negazionisti) ma proprio per una struttura mentale o di pensiero inadatta a gestire architetture cognitive complesse. Ovviamente tale incapacità le fa sentire inadeguate, e allora l’unica difesa che riescono a mettere in atto per proteggersi è quella di argomentare che si tratta di una truffa, una finzione tesa a ingannare il mondo per non ben definiti tornaconto personali: tentano di affermare che sono tutti come loro, e che tutto ciò che l’uomo riesce a realizzare di eccelso altro non è che inganno e finzione orditi dai governi o dalle organizzazioni che detengono il potere. E purtroppo, riescono – in questo momento storico di appiattimento culturale – a fare un buon numero di proseliti.

Astio, sfiducia, ignoranza, pregiudizio. Ma se, ogni tanto, ci fermassimo a pensare che siamo esseri insignificanti che condividono una piccola roccia che viaggia nell’infinità del nulla, probabilmente le cose andrebbero molto meglio, a molti livelli.

L’alba della Terra (foto scattata da Jim Lovell durante la missione Apollo 8)

Personalmente, ritengo che ognuno abbia il diritto di credere a ciò che più gli aggrada. Io mi tengo stretto il sogno della Luna, con buona pace di chi non vuole saperne, e continuo ad alzare lo sguardo verso le stelle sperando, un giorno, di poter veleggiare tra di loro in questa o in un’altra vita.